La prima vera scommessa di Moratti fu “l’Avioncito”, all’epoca considerato superiore a Zanetti e dello stesso livello di Batistuta, Balbo e Cantona! Si rivelò un clamoroso bidone e oggi, a 21 anni di distanza, ci riprova come allenatore
Quando si racconta la lunga gestione di Massimo Moratti, si dice spesso che il suo primo acquisto fu anche il migliore: Javier Zanetti. Non è andata esattamente così: si tratta di un malinteso che proveremo a spiegare.
Il primo “colpo” fu Sebastian Rambert e Zanetti, nonostante lui stesso lo smentisca nella sua autobiografia, arrivò insieme al collega, in una sorta di “pacchetto”. Entrambi segnalati da Antonio Valentin Angelillo, i due giovani argentini vennero acquistati in coppia per un totale di circa 5 milioni di euro (al cambio attuale) e presentati insieme da Giacinto Facchetti, nel corso di una conferenza stampa alla Terrazza Martini, nel pieno centro di Milano.
Rambert, nato il 30 gennaio ’74, era un attaccante del prestigioso Independiente ed aveva già debuttato anche nella nazionale maggiore allenata dall’ex nerazzurro Passarella. Ad aumentarne le quotazioni c’era anche la tradizione familiare, perché suo padre Angel aveva giocato per diversi anni nel Lione con successo, fino al punto di venire naturalizzato e giocare cinque partite con la nazionale francese. Era logico pensare che anche suo figlio avesse iscritte nel DNA le caratteristiche adatte per sfondare in Europa. Lo si dipingeva, addirittura, come l’erede di Batistuta e Balbo.
L’Inter era arrivata a lui dopo aver inseguito nientepopodimeno che il mitico Eric Cantona, del quale Moratti era letteralmente innamorato. Nonostante la freschissima squalifica per il famoso calcio al tifoso del Leeds, Alex Ferguson non volle cedere al corteggiamento dei nerazzurri, che per consolarsi si orientarono su Rambert, il quale in Argentina veniva soprannominato “Pascualito”, come diminutivo del suo secondo nome, oppure “Avioncito”, per il suo vezzo di festeggiare i gol allargando le braccia per mimare un aeroplano.
Per cercare l’uomo giusto per il suo attacco, Moratti iniziò a seguire sia lui che Ariel Ortega e, visionando una cassetta dell’Under 23 argentina, rimase impressionato da Zanetti, che allora era uno sconosciuto terzino 21enne del Banfield. Il primo a dire di sì all’Inter fu proprio Javier, che quindi nella sua autobiografia non ha mentito, ma fu solo questione di ore prima di prendere anche Rambert, che in quella estate del ’95 sembrava il pezzo forte dell’affare in corso.
Nella stessa sessione di mercato, la prima dopo aver rilevato l’Inter da Pellegrini, Moratti ingaggiò anche Paul Ince e Roberto Carlos, due giocatori decisamente più noti a livello internazionale. Lo stesso Javier rievoca quei giorni con grande onestà: “Di Rambert si era parlato moltissimo sui media argentini, per via dei suoi gol in campionato. Carlos era uno dei giovani emergenti più famosi al mondo e Ince proveniva dal grande Manchester United. Io, invece, ero un totale sconosciuto!”.
In quel periodo, era in vigore il limite dei tre stranieri da inserire nella distinta da consegnare all’arbitro, anche se era possibile acquistarne senza limiti. L’Inter ne aveva presi quattro e il “carneade” Zanetti sembrava prossimo ad essere dato in prestito a qualche squadra minore, per farsi le ossa. Come sia andata la carriera dell’attuale vicepresidente è storia nota, mentre l’aeroplanino Rambert è letteralmente sparito dai radar.
Le sue uniche due apparizioni in maglia nerazzurra sono coincise con prestazioni davvero imbarazzanti: Inter-Lugano 0-1 (Coppa Uefa) e Fiorenzuola-Inter 1-2 (Coppa Italia). In campionato non ha avuto nemmeno la possibilità di esordire e pochi mesi dopo ha lasciato Milano senza nemmeno un gol al suo attivo. Il suo flop ha dimostrato la lungimiranza di Maradona, che aveva messo in guardia i tifosi interisti, con una dichiarazione profetica: “Rambert? Guardate che il vero affare Moratti lo ha fatto prendendo Zanetti: è un fenomeno!”.
Durante il mercato di riparazione, Sebastian venne acquistato dal Saragozza, dove chiuse la stagione con cinque gol, compreso uno al Real Madrid. Quindi tornò in Argentina, dove vestì le maglie di Boca Juniors, River Plate e ancora Independiente. In seguito si è trasferito ai greci dell’Iraklis Salonicco e nel 2003, a soli 28 anni, ha chiuso la carriera nell’Arsenal di Sarandi, dopo un infortunio ai legamenti del ginocchio.
Una volta appese le scarpe al chiodo, ha avuto un’esperienza politica come assessore alla Gioventù ed allo Sport di Quilmes, ma soprattutto ha intrapreso la carriera di allenatore. L’altro ex nerazzurro Ramon Diaz, che lo aveva allenato nel River, lo ha voluto come suo assistente prima nel San Lorenzo e poi anche nell’America di Città del Messico.
Negli ultimi anni ha lavorato come tecnico dell’Aldosivi (seconda divisione argentina) e dell’Unión San Felipe (seconda divisione cilena), prima di arrivare nella massima serie del suo Paese con il Crucero del Norte, al suo esordio assoluto nella categoria.
All’inizio di questa estate, è stato assunto come allenatore dell’Estudiantes di San Luis, che punta alla promozione nel massimo campionato argentino. 21 anni dopo la sua prima ed unica estate milanese, nessuno più lo chiama “Avioncito”, anche perchè il ricordo dei suoi gol è ormai sbiadito.
Per tutti, è solamente “Pascualito”, un allenatore coi piedi per terra e che non chiede troppo al mercato: “E’ possibile che arrivino dei nuovi giocatori, ma quelli che sono già in rosa meritano tutta la mia attenzione e la mia stima. Ci adatteremo con quello che ci metteranno a disposizione”. Anche perchè, come insegna proprio la sua storia, talvolta il mercato riserva dei clamorosi bidoni…
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