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Paolo Montero: la “pigna” che esaltava la Juventus

Paolo Montero: la “pigna” che esaltava la Juventus

9 aprile 2017 0 Comments

Tanto era temuto dagli avversari, quanto era amato da compagni e tifosi. Non solo i suoi, persino gli ultras del Torino amavano “Pigna” Montero, personaggio rude, ma davvero unico

Quando alla guida della Juve c’era l’Avvocato Agnelli, le sue telefonate all’alba erano un must per tutti, allenatori e giocatori. Tranne che per Paolo Montero. “Mi chiamava alle 6 di mattina, la prima volta l’ho mandato affanculo e ho messo giù”. In seguito, però, tra il più chic degli imprenditori italiani e il più rude dei giocatori bianconeri nasce una simpatia reciproca. Arrivato al campo di allenamento dopo la storica “pigna” rifilata a Di Biagio, Montero trova ad attenderlo l’Avvocato, che nel vederlo scuote la testa: “Paolo, non mi sei piaciuto per niente”. L’uruguagio si aspetta una lavata di testa con richiami al famigerato “stile Juve”, ma Agnelli continua: “Non mi sei piaciuto perché non l’hai preso bene: un bravo pugile con un gancio così l’avrebbe fatto cadere!”.

L’episodio è ovviamente quello di Inter-Juve 2000/01, quando Montero colpisce l’attuale allenatore dell’Under 21 senza essere visto dall’arbitro, ma poi viene squalificato per tre giornate con la prova-tv. Se fosse stato visto, avrebbe potuto “migliorare” il suo record assoluto: con 17 espulsioni in Serie A, nessuno ha una collezione di cartellini rossi paragonabili alla sua! Il più famoso? Certamente quello di Roma-Juventus, stagione 2003/04. I giallorossi vincono 4-0 e Totti sbeffeggia gli avversari, ma Montero non gliela perdona. A fine partita, spiegando cosa l’abbia spinto al fallaccio costatogli il secondo giallo, lo dice chiaramente: “Io ho vinto centinaia di partite, ma non ho mai fatto il gradasso”.

Carlo Ancelotti, che lo conosce molto bene, lo ha definito “un galeotto mancato, ma con un suo codice d’onore” e ha raccontato un episodio decisamente significativo: “Una mattina, alle quattro, eravamo all’aeroporto di Caselle. Tornavamo da Atene, avevamo appena fatto una figuraccia in Champions contro il Panathinaikos ed abbiamo trovato ad aspettarci un gruppetto di ragazzi che non ci volevano esattamente rendere omaggio. Al passaggio di Zidane l’hanno spintonato ed è stata la loro condanna. Non a morte, ma quasi. Montero ha visto la scena da lontano, si è tolto gli occhiali con un’eleganza che pensavo non gli appartenesse e li ha messi in una custodia. Bel gesto, ma pessimo segnale, perché nel giro di pochi secondi si è messo a correre verso quei disgraziati e li ha riempiti di botte. Aiutato da Fonseca, un altro che non si faceva certo pregare. Paolo adorava Zizou, io adoravo anche Paolo, puro di cuore e di spirito”.

Quando invece le partite finiscono bene, Montero festeggia con i suoi migliori amici: Zidane, appunto, e Iuliano. Con Zizou ama tirare tardi a bere birra ai Murazzi, dove spesso le serate si concludono con i due campioni che improvvisano partitelle con immigrati e clochard, ai quali spesso regalano anche dei biglietti per lo stadio. Con Iuliano, invece, la direzione è preferita è Milano, dove sono frequentatori abituali dei locali notturni: “Oggi siamo sposati e non possiamo raccontarlo, però ci siamo divertiti. Mark era un grande conquistatore e io gli facevo da spalla”.

Montero contro Batistuta, Serie A 1996/97

Montero contro Batistuta, Serie A 1996/97

Alla Juve arriva subito dopo la Champions vinta del ’96, fortemente voluto da Lippi, che lo ha allenato nell’Atalanta. In bianconero sfiora il bis europeo per tre volte, perdendo altrettante finali, fino a quella del 2003 col Milan, nella quale sbaglia uno dei rigori. Vince cinque scudetti (di cui uno revocato), tre Supercoppe italiane, una Supercoppa europea, un’Intercontinentale e un Trofeo Intertoto. In nove anni con Madama, segna un solo gol, contro l’Inter, poi va a finire la carriera nel San Lorenzo e quindi nel Peñarol, la squadra che lo aveva lanciato 17 anni prima.

Nel 2006 vive nella sua Montevideo quando viene a sapere che il suo amico Gianluca Pessotto si trova in fin di vita, dopo essersi gettato dalla finestra della sede della Juve. Montero in un attimo molla tutto e vola a Torino, dove trascorre due settimane al capezzale dell’ex compagno. E, una volta uscito dal coma, Pessotto sceglie proprio di andare in Uruguay a casa di Montero per dare un nuovo inizio alla sua vita.

E anche “Pigna” inizia una fase nuova, lavorando come procuratore, ma dura poco: nel 2014 il Peñarol gli chiede di prendere il posto del tecnico Jorge Fossati, dimessosi dopo la sconfitta contro il Nacional, e per un mese l’ex juventino fa da traghettatore, prima di lasciare il posto a Pablo Bengoechea.

Nel 2016 allena prima il Boca Unidos, nella seconda divisione argentina, e poi il Colòn. Il suo rapporto con i “Sabalèros” si chiude alla fine dell’anno solare e, dall’inizio del 2017, Montero rimpiazza Eduardo Coudet sulla panchina del Rosario Central, la squadra che fu di Mario Kempes e per la quale batteva il cuore di Ernesto “Che” Guevara.

Sarà bene che i giocatori capiscano subito che per una maglia del genere bisogna davvero dare tutto, soprattutto se ad allenarti c’è un tipo il cui motto era “O passa la palla o passa la gamba. Entrambe no”.

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