Mentre il Napoli festeggia i 30 anni dello Scudetto conquistato dal mitico Diego Maradona, noi ci siamo chiesti: ma dove sono finiti i suoi fratelli, Hugo e Raùl?
10 maggio 1987. Una data indimenticabile per i tifosi del Napoli. Pareggiando 1-1 al San Paolo contro la Fiorentina, gli azzurri conquistano il loro primo, storico, Scudetto. Andrea Carnevale porta in vantaggio la squadra allenata da Ottavio Bianchi e il pareggio di Roby Baggio serve solo a fare entrare nel tabellino quello che sarà il più grande numero 10 del calcio italiano. Ma la vera star di quella impresa leggendaria è il più grande numero 10 del calcio mondiale: Diego Armando Maradona.
È lui che, dopo aver trascinato l’Argentina alla vittoria del mondiale nell’estate precedente, fa decollare una squadra comunque ricca di talento. Dal bizzarro portiere Claudio Garella alla bandiera Beppe Bruscolotti; dal giovane Ciro Ferrara al già esperto Salvatore Bagni, dall’emergente Nando De Napoli, dal prezioso playmaker Francesco Romano al bomber Bruno Giordano: i nuovi campioni d’Italia scrivono la storia del calcio con pieno merito e ridurli a meri comprimari nella favola del Re Maradona sarebbe davvero ingiusto. Eppure è evidente che senza Diego nulla sarebbe lo stesso. La devozione nei confronti del Pibe, viva ancora oggi, trent’anni fa raggiungeva livelli religiosi.
E non ne era immune nemmeno Ferlaino, col quale peraltro poi Maradona ebbe dei forti dissidi. Grazie ai buoni uffici del patròn del Napoli, arrivarono in Italia anche i due fratelli minori di Diego: Hugo e Raùl, decisi a dimostrare che, se buon sangue non mente, anche loro potevano diventare fenomeni. Subito dopo la festa per lo Scudetto, Hugo venne acquistato dal Napoli e girato in prestito all’Ascoli, dopo che Pisa e Pescara avevano gentilmente declinato l’invito. Allora il calcio non era ancora un business tale da spingere all’acquisto di “figurine” capaci solo di attirare l’attenzione dei media, ma una vecchia volpe come Costantino Rozzi non si fece sfuggire la possibilità di avere in squadra un Maradona gratis. Se poi davvero si fosse rivelato all’altezza del fratello… “Hugo gioca di destro, ma diventerà persino più forte di me”, sosteneva Diego, probabilmente non esattamente in buona fede.
Appena 18enne, diventa il più giovane straniero della Serie A nel dopoguerra, ma il dato statistico ovviamente non basta per conquistare la fiducia del tecnico Castagner, che lo piazza regolarmente in panchina. Dopo il debutto negli ultimi 25 minuti alla prima di campionato con la Roma, alla seconda c’è già la sfida con Diego al San Paolo, ma Hugo gioca solo la ultima mezz’ora e i partenopei vincono 2-1. La prima da titolare, col 10 sulle spalle, è in casa contro l’Empoli. Un disastro. Da lì alla fine del campionato, con i marchigiani che si salvano a fatica, Maradonino mette insieme solo 13 spezzoni, prima di essere scaricato agli spagnoli del Rayo Vallecano. Anche lì dura una sola stagione, quindi comincia un viaggio nella periferia del football mondiale che lo porta in Austria (Rapid Vienna), Venezuela (Deportivo Italia), Giappone (Fukuoka Blux, Avispa e Consadole), Canada (Toronto Italia) e nelle serie minori del calcio argentino (Almirante Brown). Prima ancora dei trent’anni, la sua carriera è già finita e senza che la cosa desti scalpore.
Ma Italia doveva essere e Italia è stata. Diventato allenatore, “El Turco” ha lavorato per la Mariano Keller, una delle scuole calcio più famose del napoletano. Con l’intervallo di un’esperienza sulla panchina del Puerto Rico Islanders, nelle serie minori del soccer USA, è tornato a vivere in Campania, dove ha allenato i Boys Quarto e dove lo scorso dicembre ha sposato con rito civile la sua compagna Paola Morra. Tra gli invitati al matrimonio c’era anche Diego Maradona Junior, il figlio che il Pibe ha avuto da Cristina Sinagra e che ha riconosciuto solo dieci anni fa. Oggi Hugo è un signore di 47 anni che si può incontrare spesso sugli spalti quando gioca la Juve Stabia e non si fa davvero fatica a riconoscerlo, assomigliando moltissimo al suo fratello più celebre.
Ha tre anni di più il fratello meno noto, Raùl Alfredo, detto “Lalo”. A differenza di Hugo, non ha trovato spazio in Italia, se non sporadicamente. Mancino come Diego, dopo gli inizi nel Boca, è arrivato in Europa per giocare nel Granada, convinto anche dal “bonus” di una partita amichevole con tutti e tre i fratelli in maglia biancorossa contro il Malmoe: Diego, con la fascia da capitano, segnò anche un gol. Raùl ne fece due in tutto l’anno trascorso in Andalusia, prima di imbarcarsi anch’esso in lungo viaggio della speranza calcistica: da Fukuoka, insieme a Hugo, a Fort Lauderdale, dove l’esperienza con gli Strikers fu tra le ultime del calcio a 11.
Il calcetto indoor gli ha offerto la possibilità di allungare un po’ una carriera cominciata male e proseguita peggio. Al momento del suo commiato, in Argentina, nel 1999, già nessuno lo ricordava più. Il suo periodo migliore? Sicuramente quello in Perù, con il Deportivo Municipal di Lima promosso in B e il pubblico entusiasta nell’inneggiare “Marado’, Marado’”, a imitazione di tifoserie che avevano ben di più da festeggiare. In difficoltà anche sul piano personale e nei rapporti familiari, Lalo ha partecipato al “Grande Fratello Vip” in Argentina, in un periodo nel quale si mormorava che soffrisse di depressione. Quello che è certo è che, almeno sul campo, non è riuscito a reggere il paragone col suo Grande Fratello, quello vero: il mitico Diego. Per sua fortuna, sembra essere riuscito a farsene una ragione, come si vede in questo spot decisamente autoironico.
L’unico Maradona che ha scritto la storia del calcio è il fenomenale Diego Armando. E per chi non lo ha visto giocare dal vivo, per fortuna c’è modo di rimediare con video come questo:
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